Cultural Heritage Policy Recommendations

European cultural heritage is scattered among a myriad of museums and collections, many of them still lacking strong digital information capabilities. COVID-19 has provided evident proof about the demand for culture as an important part of European citizens’ ordinary practices, and not mainly for tourists, as was previously considered to be. Knowledge, preservation and access are now equally important avenues for future policymaking, with a strong digital involvement in all three areas. 

Interviews to experts to gather evidence for the Policy Round Table

Grazia Smapinato
Nationality: Italian| Institution: Museo Diocesano di Catania | Expertise: Museum, CH, Textiles | Relationship to SILKNOW: Stakeholder

Q1. Dopo aver sperimentato la pandemia di COVID 19, cosa abbiamo imparato sulla gestione dei rischi e delle minacce imprevisti contro il patrimonio culturale? Sei a conoscenza delle risorse a vostra disposizione, siano essi nazionali o internazionali, pubbliche o private, ecc? Cos’altro ti aspetti dalle politiche pubbliche, dagli imprenditori privati, dalle organizzazioni internazionali?

A1:La pandemia ha colto impreparate le istituzioni nell’ambito della gestione dei beni culturali. I luoghi della cultura sono stati pesantemente penalizzati dalle chiusure dovute al contenimento dell’epidemia. Sono al corrente delle risorse che il Governo ha messo a disposizione nei confronti delle istituzioni culturali, anche se non ne ho usufruito. Non sono stati consistenti gli aiuti, hanno appena contenuto i disagi economici, evidenziando la carenza di interesse verso tutto il comparto cultura.

Q2: Le istituzioni del patrimonio culturale affrontano molte nuove esigenze: trasformazione digitale , attenzione agli SDG (Sustainable Development Goals), questioni di genere, inclusione sociale… Come professionista nel settore dei beni culturali, come affronti queste richieste? Di cosa avete bisogno, oltre a migliori finanziamenti, per fornire risposte adeguate a tali richieste?

A2: Le richieste diventano sempre più pressanti e i luoghi della cultura hanno l’obbligo di affrontare nuove sfide e dare risposte sempre più esaustive. La trasformazione digitale è oggi una esigenza imprescindibile per livellare i musei e le istituzioni culturali alle altre attività culturali ed educative europee. L’inclusione sociale è per noi musei ecclesiastici un obiettivo improcrastinabile e fondamentale, in quanto rientra nelle finalità didattiche che ci siamo da sempre prefissati. Ovviamente dei finanziamenti legati a progetti specifici possono aiutare le nostre istituzioni,
soprattutto quelle di minore entità come la nostra, a livellarsi alle grandi realtà museali.

Q3:Cosa potrebbe fare l’UE per fare della cultura un elemento trasversale delle sue politiche, per farne, una volta per tutte, il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile?

A3: Non saprei nello specifico suggerire interventi o strategie, ma certamente può essere di fondamentale importanza avere una visione globale delle realtà culturali che operano sul territorio, partendo da quelle più piccole, in modo da avere una capillare copertura. In tal modo, offrendo opportunità economiche per la realizzazione di progetti formativi, si potrebbe assicurare una diffusione estesa di attività culturali ai fini educativi.

Q4: Cosa ti aspetti dai programmi europei, in modo da aiutare il tuo lavoro? Offre bandi di finanziamento in vari ambiti, ma tendono ad essere impegnativi, molto competitivi, con una percentuale di successo bassa o imprevedibile. In quali altri modi l’UE potrebbe raggiungere te, la tua istituzione, le tue esigenze?

A4: Occorre spostare più risorse economiche sulla cultura e sull’educazione. Fin quando le istituzioni vedranno Musei e luoghi della cultura solo come ambiti di svago nel tempo libero, non ci saranno vere e proprie grandi strategie di sviluppo. Solo attraverso la cultura si raggiungeranno obiettivi di innalzamento del livello di vivibilità e di sviluppo sostenibile. I bandi dovrebbero essere semplificati e resi possibili anche alle realtà che insistono su piccoli territori in modo da essere presenti ed efficacemente attivi all’interno delle comunità di riferimento, magari avendo dei riferimenti istituzionali all’interno delle singole regioni.

Q5: Documenti internazionali e raccomandazioni sul patrimonio culturale abbondano, in molti dei suoi aspetti. Quei documenti sono davvero utili per te, nel tuo lavoro ordinario? Abbiamo bisogno di documenti aggiuntivi per alcuni
aspetti? Come potrebbero essere applicati e implementati meglio quelli esistenti?

A5: I documenti esistenti sono già sufficienti per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e risultano molto utili ai fini dell’espletamento delle nostre attività ordinarie, forse ci vorrebbe attenzione maggiore ai musei di arte sacra, in quanto ancora considerati come musei di minore importanza, ma che in fondo rappresentano una consistente percentuale dell’offerta culturale del nostro Paese.


Martina Becattini
Nationality: Italian| Institution: Museo Stibbert, Firenze | Expertise: Museum, CH | Relationship to SILKNOW: Stakeholder

Q1. Dopo aver sperimentato la pandemia di COVID 19, cosa abbiamo imparato sulla gestione dei rischi e delle minacce imprevisti contro il patrimonio culturale? Sei a conoscenza delle risorse a vostra disposizione, siano essi nazionali o internazionali, pubbliche o private, ecc? Cos’altro ti aspetti dalle politiche pubbliche, dagli imprenditori privati, dalle organizzazioni internazionali?

A1: Per quanto riguarda il patrimonio culturale non ha subito nessun trauma, mentre a causa dei problemi relativi alla forzata chiusura, abbiamo imparato a fronteggiare un’emergenza che per noi, Fondazione Privata, è stata soprattutto economica.

Q2: Siete a conoscenza delle risorse a vostra disposizione, siano esse nazionali o internazionali, pubbliche o private, ecc?

Sì, abbiamo attivato tutti i canali per la richiesta fi fondi emergenziali.

Q3: Cos’altro vi aspettate dalle politiche pubbliche, dagli imprenditori privati, dalle organizzazioni internazionali?

Dal settore pubblico una maggiore attenzione verso la conservazione e la gestione anche delle fondazioni museali come la nostra; dai privati e dagli imprenditori avremmo bisogno di sponsorizzazioni volte al restauro, anche attraverso un cambio della normativa fiscale che renda favorevole questo tipo di operazioni.

Q4: Le istituzioni del patrimonio culturale affrontano molte nuove esigenze: trasformazione digitale, attenzione agli SDG (Sustainable Development Goals), questioni di genere, inclusione sociale… Come professionista nel settore dei beni culturali, come affronti queste richieste?

A4: Per quanto riguarda la trasformazione digitale era da diversi che la nostra struttura andava già in questa direzione con la digitalizzazione degli archivi storici. In quanto alla sostenibilità bisogna capire che siamo in una struttura storica e quindi cerchiamo di bilanciare la sostenibilità con il mantenimento del patrimonio. Per quanto riguarda gli ultimi due aspetti, il museo è aperto a tutti e non abbiamo mai riscontrato problematiche di questo tipo né tra i visitatori né tra il personale.

Q5: Di cosa avete bisogno, oltre a maggiori finanziamenti, per fornire risposte adeguate a tali richieste?

A5: Oltre ai finanziamenti, avremmo bisogno da parte delle nostre istituzioni di riferimento (Comune e Sovrintendenza) un supporto anche tecnico per risolvere le questioni di adeguamento ai nuovi parametri.

Q6: Cosa potrebbe fare l’UE per fare della cultura un elemento trasversale delle sue politiche, per farne, una volta per tutte, il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile?

A6: Sarebbe necessario valorizzare tutto il patrimonio culturale e non solo i grandi musei, questo potrebbe meglio indirizzare i flussi turistici.

Q7: Cosa ti aspetti dai programmi europei che possa essere utile ad aiutare il tuo lavoro?

A7: Una possibilità di interazione più diretta con le istituzioni europee.

Q8: L’UE offre bandi di finanziamento in vari ambiti, ma tendono ad essere impegnativi, molto competitivi, con una percentuale di successo bassa o imprevedibile. In quali altri modi l’UE potrebbe raggiungere te, la tua istituzione, le tue esigenze?

A8: Una semplificazione dei bandi di concorso oppure la creazione di una graduatoria tra le istituzioni museali del territorio al fine di accedere ai fondi europei messi a disposizione.

Q9: Documenti internazionali e raccomandazioni sul patrimonio culturale abbondano, in molti dei suoi aspetti. Quei documenti sono davvero utili per te, nel tuo lavoro ordinario? Abbiamo bisogno di documenti aggiuntivi per alcuni
aspetti? Come potrebbero essere applicati e implementati meglio quelli esistenti?

A9: Sinceramente questi documenti non sono quasi mai utili alla nostra realtà perché spesso riportano normative o raccomandazioni inapplicabili.


José Luiz Pedersoli
Nationality: Brazilian| Institution: ICCROM | Expertise: Cultural Heritage Conservation | Relationship to SILKNOW: Stakeholder

Q1: After experiencing the COVID 19 pandemic, what have we learnt about managing unexpected risks and threats against cultural heritage? 

A1: We have learned how to adapt to a new situation, but beyond that in terms of anticipating unexpected risks and threats I am less certain that much has changed. The sector still seems to be applying a ‘business as usual’ approach to future planning, with modifications based on COVID. There is a clear need to enhance Futures literacy and the implementation of strategic foresight techniques across the cultural sector, and raise awareness of the usefulness of this approach, in order to develop different likely future scenarios and responses to these.

Q2: Are you aware of the resources at your disposal, be they national or international, public or private, etc.? 

A2: It is very difficult in general to identify available resources for cultural heritage (e.g. grant application calls) at national, regional and international level, as these tend to be diffused, and are not collected together. It would be very helpful if there were some way to provide better access to this information.

Q3: What else do you expect from public policy, from private entrepreneurs, from international organizations?

A3: As an intergovernmental organization this question is very relevant – we would be very interested to learn from the responses of others to this question in order to improve our services to our member states, institutions and professionals working within the heritage sector.

Q4: Cultural heritage institutions face many new demands: digital transformation, attention to SDGs, gender issues, social inclusion… As a professional in the sector of cultural heritage, how are you answering to those demands? What do you need, in addition to better funding, in order to provide suitable answers to those demands?

A4: To be able to provide suitable responses to new challenges in the future we need to look ahead over the longer term. ICCROM is undertaking for the first time, a pilot foresight study with a 15 year outlook to scan for potential future changes that will affect cultural heritage (its significance to people and how they will use it) and the heritage sector that takes care of it. It will be interesting to see what this study will bring, not only in terms of its findings, but also in the longer term, in potentially changing heritage strategic planning practices. ICCROM has developed an ICT Strategy to support its digital transformation, and has dedicated programmes concretely addressing the SDGs through capacity building in the heritage sector internationally.

Q5: What could the EU do in order to make cultural a transversal element in its policies, in order to make it, once and for all, the fourth pillar of sustainable development?

A5: Precisely that – include culture as an element in all its policies, along with social economic and environmental sustainability. But, in order to do this, in turn the cultural heritage sector needs to step up in terms of its responsibilities, and give a clearer response regarding its role in promoting sustainable development – and how it can play a greater part towards this in the future. This would require a shift in current approaches: from focussing on the needs of heritage (and thereby the heritage sector), to serving the needs of people through heritage. This would demand much greater emphasis on promoting cultural rights and wellbeing as the fundamental basis for heritage decision making, and greater collaboration/integration with other sectors (e.g. health, housing, education) as essential partners in the achievement of those goals, as this cannot be done in isolation. In short, to play a meaningful role, heritage should not be considered separately but as part of these policy areas – and (importantly) vice versa. 

Q6: What do you expect from European programs, so as to help your own work?

A6: It offers funding calls in various areas, but they tend to be demanding, very competitive, with a low or unpredictable success rate.

Q7: In what other ways could the EU reach out to you, your institution, your needs?

A7: International organisations are not automatically eligible to participate in EU programmes. Given the cultural heritage sector is small, it would be useful if the EU could confirm the eligibility of international cultural organisations (such as ICCROM) to participate in EU programmes on cultural heritage. Further to this, it would be useful to have greater direct contact with the Commission, such that ICCROM could participate more in EU consultation processes during the planning stages for its future programming on cultural heritage.

Q8: International documents and recommendations about cultural heritage abound, in many of its aspects. Are those documents really useful for you, in your ordinary work? Do we need additional documents for some aspects? How could the existing ones be better applied and implemented?

A8: As an organization that produces and publishes such documents, this question is particularly pertinent – we would be very interested to learn from the responses of others to this question in order to improve our services.